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19/10/2014

Il bilancio della Bovisa - cohousing a Milano

5 anni dopo la nascita del primo cohousing a Milano il bilancio è più che positivo. La Bovisa, nata in un ex-opificio, è costituita da una comunità di 32 famiglie pioniere del cohousing in Italia.

LISTE D'ATTESA PER I NUOVI PROGETTI DEL "VIVERE CONDIVISO"
Cohousing Bovisa, tutti felici 5 anni dopo
Cohousing in Bovisa a Milano, cinque anni dopo. Come vanno le cose? «Tutti vogliono andare a vivere lì. Abbiamo persone che ci chiedono se qualcuno venderà, le richieste sono tante», dice Nadia Simionato, protagonista della nascita del primo esperimento di cohousing in Italia, che ricorda come è cominciata e quanto successo stanno riscuotendo i progetti che sono seguiti.
Nadia all'epoca lavora all'Università degli Studi di Milano nell'organizzazione dei dottorati ed è stata coinvolta in una ricerca assieme al Politecnico di Milano: il tema era quello di cercare all'estero esperienze di innovazione sociale ed è stato analizzato il fenomeno del cohousing. «Abbiamo visto che nei Paese del Nord Europa era prevalentemente spontaneo, mentre negli Stati Uniti era guidato da consulenti, solitamente architetti».
Un'altra ricerca, sempre del Politecnico, mette in luce che in Italia il vivere urbano non piace perché non permette di avere rapporti con i vicini di casa. Alla domanda "ti interesserebbe il cohousing?", in 3.500 rispondono sì. In questo modo nasce l'idea di portare il cohousing anche nel nostro Paese. E Cohousing è il nome della società di servizi, di cui Nadia diventa responsabile marketing che organizza e gestisce la community che propone progetti di Cohousing con una formula adatta alle specificità italiane. «Nel 90% dei casi dei gruppi di cohousing spontanei il progetto moriva. I tempi lunghi causavano la moria. L'idea è stata quindi quella diformare gruppi di interesse molti ampi ai quali proporre un progetto concreto».
Cohousing si occupa di svolgere il lavoro preliminare. «Inizialmente cerchiamo l'edificio, dando la preferenza a edifici dismessi da recuperare come le cascine. Facciamo un pre-progetto e lo proponiamo alla community. Il primo passo è quello di prenotarsi, poi si passa al preliminare. Le persone dialogano in progettazione partecipata per decidere, prima con una discussione valoriale e discute nel dettaglio su quali spazi e servizi avere in comune. Chi non si trova bene con il gruppo fondatore può uscirne, ma di solito non succede».
Così è nata la Bovisa, in un ex-opificio, costituita da una comunità di 32 famiglie pioniere del cohousing in Italia. Oltre alle case, loft con piccoli giardini privati e mansarde, ci sono tanti spazi comuni: una terrazza con piscina e solarium, un living polifunzionale con cucina, una lavanderia-stireria, una hobby room/ciclofficina e un deposito per gli acquisti del gruppo di acquisto solidale. Da circa un anno c'è anche l'auto elettrica in car sharing, frutto di un progetto sperimentale condiviso con il Politecnico di Milano. «In Bovisa si riuniscono una volta al mese per vedere se la gestione va bene e che cosa può migliorare - spiega Nadia -. Hanno deciso di adottare il criterio dell'unanimità: tutti devono essere d'accordo. Il lavoro è più lungo, ma alla fine siamo tutti contenti».
Ed è sulla "felicità" di vivere e di abitare che trova senso il cohousing. «Per noi si deve ritrovare un modo di abitare dove le persone sono felici. E questo significa socialità, sostenibilità energetica ma anche economica, vivere con persone in cui ci si rapporta in modo civile, conoscersi e stabilire la regole insieme».
Fausta Chiesa
(Eticanews 18/7/2014)

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